In ricordo dei miei cani Brisca, Rud, George e Ringo e dei miei gatti Skicci, Ruffi e a tutti quelli a cui non ho dato un nome.
Il mio cane è morto
Il mio cane è morto.
L’ho sotterrato in giardino,
vicino a una vecchia macchina arrugginita.
Lì, non più sotto
né più sopra
si unirà con me un giorno.
Ora egli ormai se n’è andato col suo pelame,
la sua cattiva educazione, il naso freddo.
E io, materialista che non crede nel celeste cielo promesso
per nessun essere umano,
per questo e per ogni cane
credo nel cielo,
sì,
credo in un cielo dove non entrerò,
ma lui m’attende
ondeggiando la coda come un ventaglio
perché io giungendo abbia amici.
Ahi, non dirò la tristezza sulla terra
di non averlo più come compagno
che mai per me è stato un servitore.
Ebbe per me l’amicizia di un riccio
che conservava la sua sovranità,
l’amicizia di una stella indipendente
senz’altra intimità
che quella necessaria,
senza esagerazioni,
non s’arrampicava sui miei vestiti
riempiendoli di peli o di rogna,
non si strusciava contro il mio ginocchio
come altri cani ossessi sessuali.
No,
il mio cane mi guardava
prestandomi l’attenzione di cui ho bisogno
l’attenzione necessaria
per far comprendere a un vanitoso
che essendo cane lui
con quegli occhi,
più puri dei miei,
perdeva il tempo,
ma mi guardava con lo sguardo
che mi riservò
per tutta la sua dolce,
la sua pelosa vita,
la sua silenziosa vita,
vicino a me
senza seccarmi mai,
e senza chiedermi nulla.
Ahi quante volte ho voluto avere coda
camminando vicino a lui
lungo le rive del mare,
nell’Inverno di Isla Negra,
nella gran solitudine: in alto l’aria trafitta d’uccelli glaciali
e il mio cane che saltava, irsuto, pieno
di tensione marina in movimento:
il mio cane vagabondo e olfattivo
inalberando la sua coda dorata
faccia a faccia all’Oceano
e alla sua schiuma.
Allegro, allegro, allegro
come i cani sanno essere felici,
senza nient’altro,
con l’assolutismo
della natura sfacciata.
Non v’è addio per il mio cane ch’è morto.
E non v’è ne vi fu menzogna fra di noi.
Se n’è andato ormai, e l’ho sepolto, e questo era tutto.
Pablo Neruda – Obras Completas, Editorial Losada, Buenos Aires 1973
Traduzione di Tomaso Pieragnolo e Rosa Gallitelli
Era solo un animale.
Era il mio animale.
Era il mio fedele compagno di vita, per anni, per mesi o per pochi giorni.
Abbiamo condiviso il tempo, gli spazi, le emozioni, gli eventi della vita, la quotidianità, le malattie, i viaggi, le feste, le nascite, le morti, il cibo, il divano, il letto, le amicizie e Dio solo sa cos’altro.
Ma era solo un cane.
Era solo un gatto.
Era solo un cavallo.
Era solo il mio animale.
Il mio animale non è solo un animale.
Se anche si trattasse di un animale che non è il mio animale, io gli riconosco un corpo che sente, un cuore che batte e uno spirito che lo guida. Non è mai solo un animale.
Il mio animale è parte della famiglia, tra me e lui scorre uno flusso di amore puro, che non ha filtri, a cui sono sconosciuti gli interessi, i giudizi e le invidie. Si tratta di un amore pulito, trasparente e pieno.
Io curo il mio animale e lui cura me, lui continua a prendersi sempre cura di me anche se io lo ignoro, non gli offro il mio tempo e la mia attenzione.
Io sono triste, arrabbiata, abbattuta, affranta e lui scodinzola, si striscia, fa le fusa, mi chiama, mi aspetta, mi guarda.
Lui si affida.
Si affida a me anche quando è pronto per partire, per attraversare l’arcobaleno. Non può decidere come oltrepassare il confine della vita, lo faccio io per lui.
Lui si affida.
Lui parte, vola altrove, e io rimango sola, vuota di odore, di calore, di pelo e di presenza.
Io soffro, io sto affrontando un lutto.
Non era solo un cane, solo un gatto, solo un cavallo o solo il mio animale.
Era un compagno di vita e io sono in lutto.
Devo dirmelo, devo permettermelo e devo attraversarlo, anche se doloroso.
Scelgo accuratamente con chi farlo, con chi condividerlo, con chi conosce il mio linguaggio. Non permetto a nessuno di sminuire, deridere o banalizzare ciò che sento.
L’amore che ci ha uniti merita di essere riconosciuto, ha bisogno di un tempo per essere commemorato.
Faccio ciò che mi fa sentire vicino a lui, dono i suoi oggetti a chi ne ha bisogno o a chi sa prendersene cura, medito, scrivo, organizzo un rito per il passaggio, piango, mi abbandono ai ricordi e poi, quando sarò pronta, gli augurerò un buon viaggio ovunque lui desideri andare.