Sento che il mio corpo, le mie ossa, ogni mia cellula portano con sé memorie ancestrali che mi guidano a essere ciò che loro vogliono e oppongono resistenza nel lasciarmi essere ciò che sono.
Ho rinnegato la mia femminilità per molto tempo. Ho desiderato essere un maschio per essere libera di muovermi nel mondo senza aver paura, senza aver limiti, senza nascondermi. Ho giocato a calcio, ho pescato, mi sono avventurata in salti spericolati per essere considerata forte, per meritarmi l’alleanza degli uomini. Per non essere vista come donna.
Ora il maschile è una parte di me, mi completa.
Ho indossato maglie lunghe, larghe e accollate, pantaloni e scarpe da ginnastica. Non mi sono mai truccata, le ragazze per bene non lo fanno.
Ora metto ciò che piace a me, ciò che mi fa assaporare la mia bellezza.
Sono stata una donna di fede, ho pregato, ho aderito a un credo religioso. Ho imparato ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Ora sto integrando la mia spiritualità, accolgo ciò che mi appartiene e lascio andare ciò che non mi corrisponde.
Ho guardato le altre donne con diffidenza, spesso con invidia, e le ho giudicate.
Ora osservo e imparo dalle altre donne, sono curiosa e affamata di esperienze femminili.
Ho ammirato donne che hanno sacrificato la loro vita per la famiglia, genitori, marito, figli e nipoti.
Ora desidero e mi impegno perché sempre più donne non rinuncino alla loro felicità.
Mi sono innamorata e ho sentito vibrare il mio corpo, espandersi, fiorire. Mi sono accorta che aveva una voce sua.
Ora mi sento fortunata per aver conosciuto l’amore.
Mi sono ammalata e ho sentito il bisogno di inoltrarmi nel bosco e abbandonare il sentiero segnato, ho avuto paura e, per questo, sono tornata indietro.
Poi, sono diventata mamma e, quel bosco, volevo proprio che mio figlio si sentisse libero di esplorarlo. La libertà potevo insegnargliela solo entrandoci prima io, frequentandolo, vivendoci.
Lo sto facendo.
Quelle memorie ancestrali, in ogni momento di fragilità, riemergono e mi riportano sui sentieri segnati, ma percorro tratti brevi. Il richiamo del bosco è più forte, perché ha il suono della felicità.
So che in quel bosco sto bene con me stessa.
Se sono il quel bosco lo devo a me,
al mio compagno di vita e a tutti gli uomini che stimano, accolgono e integrano la femminilità,
alle mie amiche, loro sono il mio cerchio femminile, mi accompagnano e mi sostengono nell’esplorazione di nuovi sentieri,
alle mie guide spirituali per essermi a fianco là dove il bosco è più impenetrabile e per il dono di tutti quegli strumenti che mi permettono di continuare il viaggio in autonomia.
Onoro e ringrazio le donne che sono vissute prima di me a cui sono legata geneticamente, spiritualmente e culturalmente.
Onoro e ringrazio ogni sforzo, ogni dolore e ogni rinuncia che hanno dovuto compiere, per vivere e sopravvivere.
Sono profondamente grata a chi di loro ha avuto il coraggio di ribellarsi agli abusi emotivi, fisici e sociali e sono profondamente dispiaciuta per il dolore di chi li ha subiti e sopportati.
Ora restituisco a ciascuna le proprie aspettative, il dolore provato e la frustrazione che divora.
Ora mi occupo della mia vita.
Io sono io.
La mia storia è la mia storia, non è la storia di nessun altro.
A me auguro di essere sempre pronta a mettermi in viaggio alla scoperta di me stessa e della mia felicità.
Anche Cappuccetto Rosso era attratta dal bosco, dal desiderio di allontanarsi dalla strada maestra, ma ha disubbidito ed è stata così ingenua da credere a un lupo. Per fortuna un uomo l’ha salvata e tutto è tornato come prima.
Felici e contenti? Anche Cappuccetto Rosso?